STORIA DEL CONVENTO
Breve panoramica storica del convento
La splendida chiesa di San Francesco d’Assisi e il complesso conventuale annesso, nella loro secolare esistenza, costituiscono un unicum storico-artistico all’interno della città di Brescia. La presenza francescana in quest’ultima è da far risalire al XIII secolo quando, secondo la tradizione, lo stesso Poverello d’Assisi, di ritorno con San Domenico dal loro incontro avvenuto a Bergamo, avrebbe soggiornato per alcuni giorni in città, precisamente presso la chiesa di San Giorgio.
Tommaso da Celano, nella sua biografia di san Francesco così testimonia la presenza francescana nella città lombarda: “mentre Francesco si trovava a Siena, nell’inverno o nella primavera del 1226, giunse colà un frate da Brescia” (FF. 721)
L’arrivo dei primi frati francescani venne favorito dal vescovo Alberto da Reggio. Il primo gruppo di questi si stabilì inizialmente presso la chiesa di San Giorgio per poi spostarsi nel luogo dove attualmente è ubicato il complesso, quando il Comune decise di costruire per la comunità un nuovo convento. Nel 1248 i conflitti interni tra le fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini portarono i frati minori a interessarsi della situazione e a cercare di riportare la pace nelle mura cittadine. La popolazione stessa fece voto al Santo d’Assisi di costruire una chiesa in Suo onore affinché terminassero tali rivalità. Conclusesi quest’ultime con la rappacificazione, si procedette all’innalzamento del nuovo tempio e del convento annesso tra il 1254 e il 1265.
Il complesso costituisce così la più importante costruzione religiosa francescana risalente al XIII secolo, tra l’altro, giunta pressoché intatta fino ai nostri giorni. Inoltre, è da considerarsi probabilmente la prima chiesa edificata dai francescani in Lombardia. Il probabile architetto viene individuato in Marco da Brescia anche se, secondo una tesi proposta da Valentino Volta, gli ideatori del complesso potrebbero essere stati dei frati lombardi condotti dall’imperatore Federico II, come prigionieri, nella città di Palermo dove è presenta un’omonima chiesa che presenta delle caratteristiche molto simili a quella bresciana. Nel 1239, una volta espulsi dalla Sicilia, sarebbero rientrati in città.
Descrizione storico-artistica
L’esterno
L’elegante facciata a capanna romanico-gotica che caratterizza l’esterno frontale dell’edificio si presenta tripartita in tre fasce nelle quali sono rispettivamente collocate le finestre laterali, il portale romanico e il maestoso rosone. Quest’ultimo, arricchito dalla splendida raggiera di colonnine che, con i loro archi, creano sorprendenti arabeschi geometrici, permette alla luce di filtrare nell’edificio con una sottile velatura che ne illumina le antiche mura.
L’interno
La chiesa si presenta all’osservatore nel suo impianto basilicale: una navata centrale terminante con il presbiterio e due navate laterali. Lo spazio tra quest’ultime è scandito grazie a dodici colonne di forma cilindrica in blocchi di pietra che sostengono degli archi romanici leggermente ogivali. La parte superiore è formata dalla robusta pietra che lascia comparire delle finestre monofore. Tuttavia, degno di nota e attenzione è il meraviglioso soffitto ligneo detto a “carena di nave”. Tipico delle strutture architettoniche medievali, la copertura è divisa in cassettoni e travi. In origine quest’ultima doveva presentare una ben precisa colorazione organizzata in strisce bianche e azzurre (i colori dello stemma della città) e stelle geometriche. Nel corso del Seicento l’originale soffittatura venne sostituita da una volta a botte affrescata. Nuovamente, nel 1839, l’architetto Rodolfo Ventini ristrutturò e modificò la chiesa secondo i canoni del neo-classicismo. Il risultato di tale operazione fu la perdita dei capitelli delle colonne, del pavimento originario e degli affreschi della volta. Nel 1950, con la volontà di riportare la chiesa alla sua originaria bellezza, la Soprintendenza fece abbattere il soffitto barocco ripristinando il precedente ligneo, abbassò e ricreò il piano di calpestio e ricostituì come in origine le parti modificate nel secolo precedente.
Il complesso, interessato da un’opera di ampliamento rinascimentale a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento, venne arricchito da una serie di cappelle e altari laterali nelle navate e di un presbiterio più profondo e luminoso.
La navata sinistra presenta, partendo dalla controfacciata, la cappella di San Giuseppe, del Crocifisso, della Trinità, dell’Immacolata, di Sant’Angela Merici, del Sacro Cuore, di San Massimiliano Kolbe e di Sant’Antonio di Padova. La destra, invece, è occupata da gli altari dedicati rispettivamente a: Santa Margherita, San Michele, San Giuseppe da Copertino, dello Spirito Santo, di San Francesco d’Assisi e di San Pietro Apostolo.
Percorso artistico-spirituale
“La chiesa che vorrei assomiglia a quella di Auvers dipinta da Van Gogh: una chiesa che danza, che vibra, precaria, come se un grido, dal profondo della terra, la scuotesse continuamente. Come una barca in viaggio tra le onde.”
da: Luigi Verdi, “La chiesa della tenerezza”, Romena, 2016
Il chiostro trecentesco
Entrando all’interno del complesso conventuale si rimane estasiati nell’ammirare il meraviglioso chiostro trecentesco. Quest’ultimo, caratteristico di tutti i conventi, a differenza della concezione monastica medievale, per san Francesco diventava non più un luogo chiuso su quattro lati ma, aperto. Nelle Fonti Francescane, parlando del dialogo tra la Povertà personificata e la vita dei frati, così è scritto: “si alzò alacremente, chiedendo che le fosse mostrato il chiostro. La condussero su di un colle e le mostrarono tutt’intorno la terra fin dove giungeva lo sguardo, dicendo: «Questo, signora, è il nostro chiostro»”. Clicca qui per esplorarlo.