Meditazione con l’arte
L’Evangelo che questa domenica viene proclamato parla di un episodio famoso all’interno della vita di Gesù: la risurrezione o meglio, rianimazione di Lazzaro. Per addentraci meglio nella scena, visualizziamola grazie a due opere d’arte custodite all’interno della chiesa di san Francesco.
Qui vediamo uno dei ventinove episodi intarsiati magistralmente nei dossali lignei che decorano la parte inferiore della Cappella dell’Immacolata. Realizzati nel 1548 da Benedetto Virchi, presentano i vari momenti legati alla Passione del Signore alla Sua Pasqua. Quello che prendiamo in considerazione oggi è proprio quello raffigurante la “resurrezione di Lazzaro”.
Come notiamo, la narrazione si svolge in primo piano: a sinistra Gesù che, indicando verso la tomba di Lazzaro, gli dice di uscire e alzarsi e, invece, a destra in angolo, le sorelle Marta e Maria piene di stupore davanti all’accaduto. Al di là del solo episodio mostrato tramite numerosi incastri di legni diversi, è presente un particolare che può risultare scontato. Sullo sfondo compare la veduta di una città.
Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato» (Gv 11).
Marta, Maria e Lazzaro abitavano a Betània, un villaggio nelle immediate vicinanze di Gerusalemme. Mentre si trovava in quest’ultima, Gesù viene raggiunto dalla notizia della malattia. E’ meraviglioso intravedere il rapporto di vera amicizia che vi era tra Cristo e Lazzaro, tanto che, contrariamente a quello che consigliavano gli apostoli, Gesù decide di tornare in quel villaggio dicendo:
E’ incredibile vedere in solo queste poche parole la sua grande umanità, anzi, la sua vera umanità. San Francesco di Sales era solito dire “avere un cuore di carne”, Gesù, incarnandosi, si fa vero uomo tanto che prova i sentimenti, viene mosso dalle emozioni, ha un cuore che pulsa, che vibra di continui battiti d’amore. Si preoccupa del suo amico e decide di andargli in soccorso. Quante volte anche noi, nella nostra vita, abbiamo assistito a situazioni simili, situazioni nelle quali eravamo malati, addormentati, morti e qualcuno è venuto in nostro soccorso! Quante volte un vero amico ci ha salvato!
Cristo si fa incontro, diviene aiuto e non a caso, proprio sullo sfondo della tarsia, vediamo dunque Gerusalemme, la città nella quale ha ricevuto la notizia e dalla quale è sceso per raggiungere Lazzaro. Questo dettaglio ci mostra l’impegno dell’amore, la scelta d’amore che Gesù, qualsiasi frangente e versante abbia preso la nostra vita, qualsiasi benda ci stringa nel laccio della nostra “morte”, riserva sempre e comunque.
Giunto sul luogo, l’evangelista Giovanni fa notare, ancora una volta, i sentimenti che Gesù non ha paura di esternare: piange, si commuove, turbato chiede dove è sepolto l’amico. E la sorella Marta gli dice:
Marta si assume il grido, l’invocazione che tutti facciamo difronte alle grandi tragedie del nostro tempo, Marta diviene la paladina dei “perché” dell’umanità, porta il peso del non capire il perché di questa morte! Perché la guerra? Perché la fame? Perché l’indifferenza verso gli emarginati, gli stranieri, i migranti? Perché ti sento distante rispetto a questo dolore che vivo Signore?
Per provare a vedere la risposta di Gesù ci spostiamo nella sacrestia della chiesa dove è custodita un’altra tarsia lignea che venne realizzata da Francesco da Soresina nel 1511.
Un fraticello è intento a scoperchiare e aprire una tomba davanti a una chiesa. Curioso come soggetto ma alquanto simbolico. Nella scena il piccolo frate va incontro a questa tomba, si fa immagine di Cristo che non esclude il dolore (lo ha provato anche lui!) ma anzi, mantenendo la libertà della persona, viene incontro per portare la croce insieme, per affrontare insieme la sofferenza. Di Lazzaro non sappiamo più nulla, non sappiamo se sarà morto poco o tanto tempo dopo, non sappiamo che fine abbia fatto, se sia tornato a ringraziare Gesù, se abbia festeggiato nella casa di Betania.
“Tu, Cristo, Salvatore d’ogni vita, ci vieni sempre incontro. Accoglierti nella pace delle notti o nel silenzio dei giorni, nella bellezza della creazione come nei momenti delle grandi lotte interiori, accoglierti vuol dire sapere che rimarrai con noi in ogni situazione, sempre.”
Frère Roger (fondatore della comunità ecumenica di Taizè in Francia)
Il miracolo non è avvenuto tanto per Lazzaro ma piuttosto, per le persone presenti a quella scena.
Betania dà testimonianza di un incontro che porta vita.
Betania si fa testimone di incontri ritrovati, di accoglienza vissuta.
Di un’amicizia che Gesù ha con ognuno di noi, di un amore così grande che lo fa scomodare, lo fa scendere da Gerusalemme per venirci in soccorso e scoperchiare, come nell’opera, la porta del nostro sepolcro, la porta più intima del nostro cuore!
Mattia Tridello